Mercoledì, 22 February 2017 16:14

La formazione continua in Francia nei programmi politici per le presidenziali

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una breve riflessione sulla formazione continua francese

Nonostante sia stato riformato per l’ennesima volta nel 2014, il settore della formazione continua in Francia è di nuovo stato criticato duramente e apertamente da molti economisti, esperti del lavoro e soprattutto dalla Corte dei Conti. Attraverso un complesso sistema di prelievi sulla massa salariale, diviso in contribuzione obbligatoria e tassa per la formazione, in Francia questo settore vale 32 miliardi di euro, contro i 5,2 del nostro mercato nazionale.

Ebbene secondo il principale giornale economico del Paese Les Echos, questo considerevole tesoro verrebbe dilapidato in attività inutili, con pesanti sospetti di frodi, favorite anche dal fatto che solo l’1% dei programmi è soggetto a controllo.

E visto che sulla necessità di un’ulteriore riforma il consenso è unanime, lo stesso giornale economico ha condotto una rapida indagine presso i sei candidati alle prossime presidenziali e ne ha offerto il risultato in un articolo pubblicato il 3 febbraio secondo cui il settore pure considerato strategico non è affatto nei pensieri e soprattutto nei programmi dei candidati, configurando una situazione che l’articolista definisce paradossale.

Le due ali estreme, cioè il Fronte Nazionale della Le Pen e il partito di sinistra di Hamon non prendono in considerazione il tema.

Il repubblicano Fillon, il socialista Mélenchon ed il verde Jodot indicano obiettivi generici come: avvicinare la formazione alle reali esigenze delle imprese, realizzare un vero sistema di longlife learning che favorisca una continua crescita professionale e personale del lavoratore; senza però pronunciarsi su come tali obiettivi possano essere raggiunti. Nemmeno quando si tocca il delicato tema del rischio di frodi si accenna alla volontà di aumentare i controlli.

L’unico candidato che sembra avere idee sul merito è l’indipendente Macron, forte della sua esperienza di Ministro dell’economia e dell’industria nel secondo governo Valls, che punta il dito sul sistema dell’intermediazione, cioè sui fondi paritetici, promettendo una riforma che permetta al lavoratore ed alle aziende di scavalcarli, accedendo direttamente alle risorse destinate alla formazione. Nel mirino, quindi, ci sarebbero gli OPCA (organisme paritaire collecteur agréé) che queste risorse amministrano e che in Francia, salvo due casi peraltro molto importanti, sono paritetici ma non sono interprofessionali bensì settoriali.

La notizia è che questa affermazione non ha fatto notizia, segno che in Francia, come in Italia, nonostante interessi economici assai più rilevanti di quelli mossi da noi, la formazione continua fa una maledetta fatica ad attirare l’attenzione della classe politica e non fa notizia se non quando si tratta di cronaca giudiziaria.

Un monito per tutto il settore, considerando che l’indifferenza della politica verso un interesse tutelato è il naturale presupposto perché quella tutela venga meno.

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