I principi dell’EQF
Che cos’è e a cosa serve il Quadro europeo delle qualifiche
Per far fronte alla sempre maggiore convergenza tra sistemi di istruzione e di formazione in ambito europeo, a partire dal 23 aprile del 2008, grazie all’EQF, per ogni qualifica rilasciata per esempio in Italia, è stato possibile individuarne quella corrispondente in un altro paese dell’Unione europea, consentendo così una comparazione tra qualifiche acquisite in paesi diversi.
Ma che cos’è l’EQF?
Il quadro europeo delle qualifiche (European Qualifications Framework, ndr) è uno schema che, attraverso una griglia costituita da 8 livelli di abilità e conoscenze, permette di confrontare le qualifiche professionali ottenute da cittadini di paesi europei differenti. In questa sede, per “qualifiche professionali” si intendono quelle certificazioni che, al termine di uno specifico corso di formazione, attestano l’acquisizione di una serie di competenze.
Quali sono gli obiettivi dell’EQF?
La previsione di un Quadro delle qualifiche europee ha principalmente due obiettivi:
- Promuovere la mobilità transnazionale;
- Facilitare le esperienze di lifelong learning.
La Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio dell’aprile del 2008 cui accennavamo all’inizio, che ha spianato la strada all’adozione formale di questo sistema, prevedeva inoltre che ogni stato membro dell’Unione europea stabilisse una corrispondenza tra il proprio quadro di qualifiche e quello europeo entro il 2010, con l’intento di:
- Semplificare e, al tempo stesso, favorire la comunicazione a riguardo all’interno e tra gli stati membri;
- Individuare con maggiore precisione bisogni del mercato del lavoro e offerte di istruzione/formazione nei paesi europei;
- Rappresentare un riferimento comune di qualità nell’ambito dello sviluppo dell’istruzione e della formazione;
- Contribuire allo sviluppo di qualifiche settoriali.
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i contratti di assunzione
contratto a tempo indeterminato e contratto a tempo determinato
Dal Jobs Act si sono ridisegnati alcuni elementi del mercato del lavoro. Quelli che interessano tanto datori di lavoro quanto lavoratori sono i contratti a tempo indeterminato e i contratti a tempo determinato. Le novità da tenere d’occhio sono:
TEMPO INDETERMINATO
Al centro dell’attenzione il contratto a tutele crescenti. Non è una nuova tipologia di contratto, ma un diverso sistema di regolazione del rapporto lavorativo.
A gli assunti dal 7 marzo 2015 o trasformati a contratto a tempo indeterminato viene applicato il sistema sanzionatorio per i licenziamenti illegittimi. Il sistema risarcisce, facendo il calcolo in base agli anni di anzianità e sottratto alla discrezione del giudice. Il risarcimento è pari a 2 mensualità per ogni anno di anzianità, con un minimo di 4 mesi e un massimo di 24 mesi (per le piccole imprese da 2 a 6 mesi). I nuovi licenziamenti sono preceduti del nuovo istituto della conciliazione facoltativa, più vantaggioso dal punto di vista fiscale.
A CHI SI APPLICA IL SISTEMA A TUTELE CRESCENTI
Rientrano nella categoria (D.lgs. 23/2015):
- lavoratori a tempo determinato convertiti a tempo indeterminato da 7 marzo 2015
- apprendisti in servizio dal 7 marzo 2015
- dipendenti, vecchi e nuovi, delle piccole imprese che effettuano assunzioni dal 7 marzo 2015 e superino l’organico previsto nel vecchio articolo 18
TEMPO DETERMINATO
Il contratto a termine è reso più flessibile dal Jobs Act. I vincoli che il datore di lavoro deve rispettare sono:
- oltre i 36 mesi scatta la trasformazione a indeterminato, indipendentemente dalle interruzioni fino ad un massimo di 5 interruzioni nell’arco temporale dei 36 mesi
- Lo spostamento del termine del contratto:
- Deve essere consegnato al lavoratore, dopo 5 giorni dell’attivazione del contratto
- stop&go: contratti stagionali. La data di termine va comunicata a 10 giorni dalla scadenza, per i contratti fino a 6 mesi, 20 giorni per i contratti superiori ai 6 mesi
Se il lavoratore presta la sua attività per un periodo superiore ai 6 mesi, ha diritto di precedenza all’assunzione a tempo indeterminato, entro i 12 mesi.
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